Un cartello

(Gennaio 2021)

Il tram arriva da destra, viaggia lento, quando si ferma i pochi passeggeri scendono pigramente, un’anziana signora ricurva con un basco color panna appoggia il suo bastone a terra prima di reggersi e fare un piccolo balzo sul marciapiede. Approfitto della calma delle quattro del pomeriggio e attraverso ulica Krakowska avvolta nel mio cappotto con le mani affondate nelle tasche, pochi passi svelti per poi girare a sinistra su Bożego Ciała e poi a destra su ulica Miodowa.

Davanti alla Sinagoga Tempel c’è un minuscolo negozio di fotografie, alcune bellissime sono esposte all’esterno, molte sono in bianco e nero. Mi fermo, ritraggono Cracovia e i suoi volti di un tempo, piazza del Mercato in pieno giorno, due donne sorridenti in bicicletta che indicano la strada per la città, un paio di scarpette rosse da bambina, un bambino scalzo che ride.

Sposto lo sguardo e lo vedo, è affisso alla parete d’ingresso con la scritta nero su bianco, la domanda sul cartello mi arriva dritta come se qualcuno l’avesse pronunciata ad alta voce:

che cosa faresti se non avessi paura?

Ero sul letto di camera mia, a casa, molto tempo prima quando ho risposto a questa domanda. Mi fa sorridere, mi rivedo sul letto a non prendere sonno e a farmi una domanda dopo l’altra. A chiedermi quanto fosse velenosa quella bellissima comfort-zone. Mi sembra un messaggio arrivato in ritardo per ricordarmi che questa è stata una scelta giusta. Forse anche una sorpresa, se vogliamo.

Certo, avrei voluto che la domanda e la sua risposta arrivassero molto tempo prima, ma tant’è.

Un’auto sbuca da ulica Miodowa, si insinua nella strettoia adiacente la sinagoga, accosta, un rabbino scende dalla vettura, preme un tasto sul telecomando e prima di entrare all’Hotel King Salomon si sistema il payot. A Kazimierz è più che normale incontrarli, ogni volta li osservo, i loro cappelli, le loro barbe, i loro riccioli ai lati della testa, poi abbasso lo sguardo poco prima che possano vedermi e cogliere tutto il mio imbarazzo per quella mia infantile curiosità.

Lascio le due donne sorridenti in bicicletta e proseguo la mia passeggiata senza una meta per il mio solito appuntamento con la città. Cracovia ha una bellezza delicata, inaspettata devo dire, è sfuggita al destino che è toccato alla città di Varsavia e i suoi palazzi hanno conservato buona parte della loro storia antica. Le luci alla sera sono calde e la vista del castello di Wawel dalla Vistola è una magia. Dopo due mesi è ancora tutto nuovo, non ricordo l’esatto tragitto fino a Rynek Glowny e ogni volta che la scorgo da lontano ancora mi stupisco, per poi ricordarmi che ero già passata da lì chissà quante volte. Le strade hanno nomi impronunciabili, difficili da memorizzare, i miei dzień dobry sono poco convincenti, spero lo sia il mio impegno.

Ripenso alla scritta sul cartello, alla me insonne e titubante, a questo freddo che mi hanno detto diventerà più clemente nel tempo.

Al di là dalla paura abbiamo ancora tante cose da dirci, molti angoli da scoprire, vodka aromatizzata da mandare giù senza pensarci, un sacco di parole da imparare e nel frattempo le gambe hanno già capito come riportarmi a casa senza bisogno di Google Maps.

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